Fate questo in memoria di Aleph!
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Vi dico dell’Aleph. È una raccolta di racconti. Mi ricordo mentre lo leggevo. Ero in sala, la lampada illuminava la stanza. Non che tirare la tenda non fosse stato sufficiente. Ma alla fine preferivo così. La tenda me l’aveva venduta tempo fa Rosalita Hallasi. Era la figlia di Ignazio Suarez che aveva combattuto nella battaglia di Potosi. Suo padre le regalò un libro sui filosofi Euclidei, che lei aveva regalato a suo cognato Alejandro, che lui aveva regalato a me e io avevo scambiato con Paloma in cambio dell’Aleph e del mio vecchio cappello da mandriano, che credevo perduto nella pampa argentina. Paloma lo recuperò lo stesso giorno che lo perdetti sfidando a duello Miguelito, che si credeva più furbo di me. Ma il destino non fu d’accordo. Diventai un ricercato, mi rifugiai in città. Non mi dispiaceva la città, ma mi dava una strana sensazione: quella del Minotauro nel palazzo di Minosse. Non bastava a consolarmi una bottiglia di Amontillado d’importazione e l’infinito delle stelle. Fu così che cominciai a leggere questo libro.
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Le recensioni de il Vignettificio
L’ALEPH
THE GREAT
Come un nano sulle spalle di se stesso!
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Volume uscito in contemporanea al gemello “Cose d’A.Paz”, a cura dei suoi compari di avventure artistiche, per celebrare e ricordare l’arte di Pazienza, raccoglie tredici storie pubblicate per la prima volta sulla rivista Frigidaire nel periodo 1980-1986, più un paio di illustrazioni inedite risalenti agli stessi anni, più i disegni in prima, seconda, terza, quarta di copertina.
Antologia di storielle che per una volta forse non avranno riscritto la storia della letteratura o quella dell’arte, ma di sicuro hanno riscritto la storia della piacevole lettura. Una rassegna della vena umoristica dell’autore in questione, particolarmente esilarante la storia “E gli hamburgers?”, con testimonianze anche della sua vena egotica, come nella storia “Neve, neve, sull’Italia”, che, dopo un inizio narrativamente ricco di pathos e mistero, in poche tavole scivola nel cazzeggio semantico e poi si interrompe, concludendo le ultime pagine illustrando se stesso senza più voglia di disegnare, occupato a trattare con la redazione di Frigidaire, ergo il buon Sparagna, il compenso per il materiale consegnato, cioè questo stesso fumetto. Cose al cui confronto in grado di far fare a Pirandello la figura di un Metastasio qualunque!
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FRANCESCO STELLA
“Betty Curtiss, è in assoluto il miglior bassista del mondo. Non ha mai inciso un disco, né dato un concerto. Ma abita il primo piano, e pellegrini da tutto il mondo, da sempre, si accalcano sotto la finestra del suo cucinotto per carpire un accordo”.
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Per i tipi di Coconino Press, dato alle stampe nel 2002, in un’unica edizione possiamo rileggere le tre storie dedicate alla dinastia di Francesco Stella, insieme ad un’introduzione posta a metà(!) del volume e diverse bozze sparse qua e là.
La prima è la storia “Francesco Stella, re del pomodoro”, pubblicata per la prima volta su “Cannibale”, ambientata negli anni ’30, storia ironica di un immigrato italiano in America, che fa fortuna nella modalità suggerita con il titolo.
La seconda “Francesco Stella, vita e gite”, comparsa per la prima volta su “Frigidaire”, diversi anni dopo, ambientata in un futuro improbabile, ci narra la vita dell’omonimo nipote dello stesso Stella, che rivoluzionerà la storia della musica pubblicando due soli album, dei quali il secondo era una antologia.
La terza storia è “Aficionados”, in cui il passato di Francesco Stella viene resettato per catapultarlo in una improbabile missione nel deserto africano, durante la II guerra mondiale. Interessante l’edizione qui proposta di quest’ultima storia, nelle tavole originali in bianco e nero di Andrea Pazienza, ripulito del colore “meccanico” inserito ai tempi della prima edizione in volume nel 1981 (Edizioni Primo Carnera Editore) e mantenuto nella riedizione de “Il Grifo” dei primi anni novanta.
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AFICIONADOS
“Allora cerca dell’umidità, sempre con l’illusione essa indichi il nord, e trova della sabbia fresca sotto un pietrone, segno che il nord è sottoterra, cioé, come si scopre a dedurre, in Giappone, nostro alleato.”
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Aficionados è la storia del tenente Francesco Stella, del caporale D’Angelo e di due soldati semplici, una scalcagnata combriccola di militari, spediti in ricognizione dall’Algeria verso il Marocco, mentre il resto del battaglione ritornava in Libia. I presupposti perfetti per una drammatica storia di guerra.
Ma i nostri eroi sono eroi italici, dell’Italia fascista, quando di “tuonante” c’era solo il saper strillare la parola “tuonante”. Un poco Alberto Sordi, un poco Monicelli, un poco Fantozzi, nell’arco di quindici ore mettono insieme tredici ore di ritardo e si perdono completamente nel deserto. Ma è solo l’inizio…
Un grande Pazienza, in stato di grazia come umorista, in un fumetto che è in realtà una piccola novella illustrata, il racconto di quattro uomini a zonzo, con nulla da invidiare a Jerome K. Jerome. Una storia divertente, che è anche una critica e un omaggio alla plurisecolare virtù italica dell’arte di arrangiarsi.
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GIOVANNI PAOLO SECONDO… FORATTINI
Mi immaginavo a volte Giovanni Paolo II, tentato anche lui da Satana nel deserto, che non solo resisteva, ma lo rispediva all’inferno a calci nel culo.
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Stupende le vignette del vecchio Forattini, quando era ancora quel geniale disegnatore capace di spandere petali di rosa al cianuro nel panorama polemico italiano, prima di tramutarsi in un autore spocchioso, e poi in una delle tante inutili bagascie al servizio del potente di turno, in una discesa agli inferi tutta giocata sul contrasto tra meriti passati e inconsistenza artistica attuale. Si coglie pienamente in questo volume questo cambiamento, iniziato dopo la caduta nel muro di Berlino, quando il suo naturale anticomunismo, che lo rendeva così lucido e unico nel corso degli anni ottanta, caduta l’ideologia, o meglio separato lo scettro del potere da quella ideologia, si tramuta per lui in una zavorra creativa che ne segnerà per sempre il suo destino di satiro. Come un bel fiume che pian piano si disseca, una satira politica che si fa deserto di idee. E tutto questo in una raccolta di vignette che parlano di potere spirituale e non di potere temporale! Come se le due cose in Italia potessero essere distinte…
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STORIE D’ITALIA
“Ei vive, nel regno senz’ombra di chiasso (le teste di legno non fanno fracasso) ei bada a mangiare e lascia rubare…” (dedicato a re Umberto I, da “L’Asino”, rivista satirica di fine ‘800)
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Sono queste le cronache degli anni in cui, fatta l’Italia, si dovette passare, come sottolineerà Candeloro, dalla “poesia alla prosa” quando, terminata la fase epica del risorgimento, si dovette procedere a mettere in piedi tutto l’apparato burocratico-amministrativo del nuovo stato unitario.
Vegliati dall’alto dalla corona, garante dell’ordine, e dal succedersi dei vari governi, da quello paraculista alla Depretis, al parafascista alla Crispi, a quello parabancario alla Giolitti, come tanti mulinelli nel fiume della vita, riempivano le cronache quotidiane i continui scontri tra borghesi, latifondisti, contadini, proletari, monarchici, mazziniani, ex-garibaldini, massoni, cattolici, colonialisti, socialisti e anarchici.
A raccontarci queste vicende sono i fumetti del Chiappori, intervallati dal commento storico di Grimaldi, con un effetto complessivo da “corso di storia avanzata for dummies”, straniante ma anche piacevole, per chi come me di quel periodo storico non ne sapeva un beneamato cazzo, e ha trovato questo libro un utilissimo punto di partenza prima di passare a letture più impegnative!
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COSE D’A. PAZ!
“Pazzo, sono diventato pazzo! e ora chi glielo dice a mia moglie!”
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Cazzabubbolario indistinto della produzione di Pazienza su rivista, assemblato poco dopo la morte dello stesso il 16 giugno 1988 per celebrarne l’arte, insieme alla raccolta gemella “The great”, entrambi pubblicati dalla Primo Carnera Editore. Interessante riproporre qui la nota stampata in terza di copertina che riassume perfettamente i contenuti di questa antologia:
“Le vignette, i disegni, le brevi storie, i molti ritratti e buona parte degli schizzi, a parte alcune ‘dedicaces’ a matita o a penna/matita, sono tratte dalle seguenti riviste, alla cui fondazione Andrea Pazienza ha dato un contributo indimenticabile:
CANNIBALE 1977-1979
IL MALE 1978-1982
FRIZZER 1985-1986
TEMPI SUPPLEMENTARI 1985-1986
FRIGIDAIRE fondata nel 1980
La storia ‘La leggenda di Italianino Liberatore’ è apparsa invece, con le ‘puntate’ disposte cronologicamente nello stesso ordine di questo volume, sulle riviste ‘Frizzer’ (1985-1986) e Tempi Supplementari (1986). A molte delle opere di Andrea Pazienza ripubblicate in questo volume, hanno dato un contributo di idee, di rimbalzo, di progetto e – talvolta – di segno, una serie di autori. Tra questi ricordiamo i principali: Stefano Tamburini, Tanino Liberatore, Filippo Scozzari, Vincenzo Sparagna, Massimo Mattioli,” ed altri!
Un volume caotico e succulento come certi buffet allo yacht club, in quelle occasioni che non t’aspetti, in cui senza pagar pegno puoi tirare delle gomitate alla contessa, con la scusa di aprirti anche tu finalmente un varco fino al tavolo!
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ZANARDI
“Perché il freddo, quello vero, sa essere qui, in fondo al mio cuore di sbarbo…”
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Esiste la distruttività di chi impugna un martello e spacca le piastrelle della cucina della casa appena comprata, sognando ad occhi aperti come sarà più bella alla fine dei lavori. Questi erano, nel bene e nel male, gli anni settanta. Ed esiste la distruttività di chi quelle piastrelle le frantuma nella furia di un amore finito, o nella frustrazione delle proprie aspirazioni, o per noia, un creare macerie che non saranno seppellite, non serviranno a concimare, ma saranno lasciate a putrefare sotto il sole all’aria aperta di giardini trascurati. Questi erano gli anni ottanta. Anni crudeli, anni di massacri in medio oriente e in america centrale, un benessere occidentale consumato a credito di altri popoli e delle future generazioni, una società cieca ed egoista, solo in superficie profumata da giganteschi Arbre Magique come le acconciature ridicole alla Lorella Cuccarini, qualche paio di tette di plastica a Drive In, quattro suca pecunia canterini al Festivalbar e mezza dozzina di cummenda che si arricchivano speculando in borsa.
E Zanardi è pienamente figlio della distruttività di quegli anni, un gioco di rottura di regole e convenzioni non più finalizzato alla creazione di nuovi universi, una distruzione figlia di una società che non sapeva andare oltre al proprio particulare, cugina stretta dell’autodistruzione. E pensando a Pazienza che riesce a raccontarci queste cose strappandoci ogni tanto anche qualche sorriso, si capisce tutta l’unicità del valore aggiunto che ogni grande artista riesce a donare alla narrazione dei propri tempi. E quindi alla vita di ciascuno di noi.
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FRITZ IL GATTO
Un vortice narrativo anti-epico, anti-canone, anti-eroico, in una cascata di capriole aventi come sbocco naturale un mare di lirismo.
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Questo erano la Marvel e la DC comics negli anni sessanta, dei giganteschi filatoi industriali che tessevano la narrazione epica della nazione americana, quando i supereroi con i superproblemi riguardavano più il dramma delle fasce di mercato che il dramma della condizione umana. Un medium, quello del fumetto di allora “compresso, formalizzato, soffocato e limitato ad una serie ristretta di modelli di tipo commerciale”. Una beauty farm di eroi, idoli, non solo (per fortuna), ma anche (purtroppo sì), di tanti good boy con la sfumatura alta, pronti di giorno a benedire i massacri di Johnson in Vietnam, la notte a massacrare benedetti poveri cristi di colore nelle scampagnate del Ku Klux Klan.
E in questo panorama che si inserisce la rottura del fumetto alla Crumb, una rottura di canoni che va di pari passo con la propria rottura di coglioni, in un vortice narrativo anti-epico, anti-canone, anti-eroico, in una cascata di capriole aventi come sbocco naturale un mare di lirismo. Il fumetto diventa diario personale, fotografia non mediata degli umori dell’autore stesso. Un lirismo, quello del caso di “Fritz il gatto” comunque non conciliante, piena espressione del suo autore, un giocoso nichilista nevrotico, nichilismo nevrotico che diventa poi la cifra stilistica del suo fumettare, forse sgradevole, forse eccessivo, forse grottesco eppure così vero nella sua assurdità, sufficientemente lucido da decretare la morte del protagonista di queste storie non appena egli stesso si andava tramutando in istituzione. Una scelta degna della migliore tradizione underground.
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PAZ
Chi l’avrebbe mai detto che Budapest ha un milione di abitanti…
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Si potrebbe dire che si tratta dell’ennesima raccolta di materiale già pubblicato altrove e più volte ristampato altrove di altrove. Ma questo volume della collana degli Einaudi Tascabili zitto zitto contiene tre caratteristiche che lo rendono interessante.
Primo, è una delle poche raccolte del Paz costruite espressamente per raccogliere solo il best of, cercando di dare una panoramica, per quanto incompleto, a 360° della sua creatività. Un regalo ideale quindi, qualora si volesse iniziare qualche anima ignara all’arte di questo grande disegnatore.
Secondo, appartiene alla collana dei tascabili, un Pazienza che si può leggere anche in treno, su una zattera in mezzo al mare, mentre si fa da palo ad una rapina, aspettando il proprio turno con una prostituta particolarmente richiesta. Allo stato dell’arte delle mie conoscenze si tratta dell’unica edizione di ristampe di Paz a vantare questo pregio.
Terzo, oltre ai disegni, qui troviamo pubblicata un’ampia antologia delle sue poesie giovanili e delle sue prose, strumenti utili per addentrarci nelle idee che concimarono la sua anima, rendendola terreno fertile per quei fiori che sono state le sue opere d’arte fumettistiche.
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