“Lo so, mia cara, è un mondo difficile…”
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Crumb, Crumb, Crumb, Robert Dennis Crumb sovvertitore del pensiero dominante, del mercato dominante, della controcultura dominante, figlio e padre spirituale di una contestazione che lui mai amò, esegeta del chiaroscuro, dal pignolo tratto espressivo ricco di particolari, maschilista sentimentale, edonista trascendentale, pacifico rivoluzionario. A lui sono dedicate le duecentocinquantatre pagine del volume della collana i classici del fumetto di Repubblica serie oro, nei capitoli Fritz il gatto, Mr. Natural, TV blues e altre storie, per una panoramica della produzione underground della San Francisco di fine anni sessanta, settanta, inizio anni ottanta, da Zap Comix arrivando fino Weirdo.
Le recensioni de il Vignettificio
FRITZ IL GATTO, MR. NATURAL E ALTRE STORIE
LA GRANDE STORIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE VOL. 2
La Grande Storia della più Inutile Carneficina della Storia. – Vol.2
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“Alcuni degli attacchi contro posizioni impossibili ordinati dai nostri generali non sarebbero mai stati decisi, se essi avessero potuto vedere in anticipo con i loro occhi l’inevitabile massacro cui condannavano i loro uomini”.
“Ho visto come l’incredibile eroismo dell’uomo comune venisse dissipato per rimediare all’incompetenza di gente addestrata all’inesperienza (perché sono stati davvero addestrati a essere inesperti nel padroneggiare le reali situazioni della guerra moderna) […] a una strategia angusta, egoista e priva di immaginazione e all’allucinante carneficina di offensive inutili e insensate”.
(Lloyd George)
LA GRANDE STORIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE VOL. 1
La Grande Storia della più Inutile Carneficina della Storia. – Vol.1
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“Mi sono chiesto più volte in quei tristi giorni a quali valori e a quale senso delle proporzioni si ispirasse la maggior parte dei nostri politici e delle nostre autorità navali e militari. I generali erano così fiduciosi di sfondare in Francia che dietro le truppe attaccanti avevano ammassato la cavalleria, perché fosse pronta a passare al galoppo attraverso i grandi varchi aperti nelle linee nemiche. Sacrificare 250.000 uomini per una simile impresa appariva loro un attimo di altissima sagacia militare. Era quella la dottrina ortodossa della guerra: anche se avesse fallito, nessuno avrebbe potuto accusarli di errori o di infrazioni alle regole. Ma perdere la centesima parte di marinai e una decina di vecchie carrette – che sarebbero comunque dovute andare in disarmo entro pochi mesi -, con la possibilità di trarne beneficio incalcolabile, ecco, di fronte a questo rischio anche i più audaci fra quei vegliardi si ritrassero sgomenti. L’ammiragliato e i generali ebbero la meglio. La flotta continuò a restare inattiva nei Dardanelli, le armate si dissanguarono contro le difese tedesche in Francia. I bulgari portarono in regalo ai nostri nemici 300.000 uomini e la Serbia, che della guerra era stata la causa, fu cancellata dalla faccia della terra”.
(Winston Churchill)
VITA DI ENRICO ALBARETO
“L’umile volgo infuria agitato, già volano fiaccole e armi, ma ecco, se vedono un uomo, grave per la pietà e i meriti, ammutoliscono.” (Virgilio, Eneide, Libro I)
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Metà delle parole di questo libro sono Enrico Albareto, l’altra metà sono aggettivi in lode di Enrico Albareto. Al netto di questa cantilena, ciò che rimane nello sfondo è la parte veramente interessante del libro, il lungo viaggio nella storia industriale dell’Elsag e di un pezzo d’Italia, tra la fine degli anni sessanta e l’inizio del nuovo secolo. Attraverso una narrazione a strati, grossomodo in ordine cronologico, assistiamo all’epopea dell’evoluzione dei processi di automazione industriale, dai primi sistemi meccanici, poi elettrotecnici, infine elettronici, trasformazioni sempre vissute in prima linea e all’avanguardia dall’azienda. Ai vertici della quale troviamo in tutti questi anni Enrico Albareto, indiscussa figura di riferimento, assunto come semplice ingegnere, poi capo divisione, amministratore delegato e infine presidente, ancora in attività quando venne stroncato da un tumore maligno nel 2002.
Un personaggio di altri tempi, di quelli in grado di fare la differenza nel far girare le ruote del benessere di un’intera nazione, con un attaccamento al lavoro leggendario, con moltissimi pregi, ma rifratto pur a volte in piccoli riflessi patologici, pur se il libro si sforzi sempre e comunque di lodare il soggetto in questione qualsiasi cosa facesse, a prescindere, con livelli tanto sbracati di piaggeria da non aver nulla da invidiare all’eloquio di una tredicenne fans di Twilight invitata a cena da Edward Cullen.
GLI ANNI DI BERLUSCONI
“Cin, cin” (Umberto Smaila)
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Ascesa, cazzeggio e caduta di Silvio Berlusconi, narrato in questo Atlante di Repubblica del Novembre 2011: la discesa in campo, le leggi ad personam, le inchieste giudiziarie, la corte dei miracoli, lo stupore internazionale, il tramonto. Attraverso foto ed estratti di articoli tratti dal giornale, possiamo ripercorrere il waterboarding cognitivo che ha tenuto in ostaggio l’Italia per quasi un ventennio, tra menzogna, cafoneria, arroganza, megalomania, pressapochismo, collusione, e altre nobili qualità di questo grottesco campione dei moderati, che tanto seppe esaltare le esigenze culturali della alta, bassa, media borghesia italiana a cavallo del passaggio di millennio.
IL CANEMUCCO N. 2
“E io mi immagino ninfa del ruscellopelo del tuo viso, piccola, che ci cammino in mezzo come a un canneto. Nuda.”
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Coniglio Editore, giugno 2010, numero due, coabitazione di fumetti di vari autori e racconti di vari altri, con un peso maggiore in spazio dato alle arti grafiche a tutto vantaggio dell’economia complessiva del volume, sinfonia di colori fauvistici persino nei fumetti in bianco e nero, poesia iniziale di eNZo, prima e seconda di copertina di Makkox alle prese nelle pagine interne con l'”Amore Mio”, e poi i segni e disegni di Roberto Recchioni, Luis Escorial, Quasimai, Flaviano Amentaro, Laura Scarpa, Zerocalcare, e poi le parole e la punteggiatura dei racconti di Farnese, Bonino, Pellizzari, Solla, Gasparini, Ballardini, Catalano, Ragona. Per tutti quelli che amano l’arte, un acquisto prezioso da mettere da parte.
IL CANEMUCCO N. 1
“Le mal se fait sans effort, naturellement, par fatalité, le bien est toujours le produit d’un art.”
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Coniglio Editore, maggio 2010, numero uno, apre le danze il fumetto la “Vasca” di Makkox, a ruota il racconto “Le crepe nei muri” di Bonino, e via alternando, a “Pagare un funerale” con Laura Scarpa, ricercando “L’identita rivelata” di Gasparini, conoscendo “L’anonimo” che risponde al nome di Zerocalcare, concludendo con Farnese, Catalano, Pellizzari, Ballardini e Sofi con le loro piccole storie a chiusura del volume. Volume già bello da sfogliare, guardare, maneggiare, annusare anche se fosse scritto in serbo, pensate poi la meraviglia nello scoprire che le parole dei fumetti e dei racconti sono state scritte in italiano.
WHEN YOU’RE STRANGE
“C’è la guerra in Vietnam, c’è l’amministrazione Nixon e voi chiedete a me se ho esagerato?” (Timothy Leary)
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Viaggio attraverso la figura di Jim Morrison attraverso i dossier dei programmi, illegali, di spionaggio interno messi in piedi da Cia e Fbi per spiare, manipolare, reprimere l’intero movimento di protesta che incendiò gli Stati Uniti, e tutto il mondo occidentale, tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta, dossieraggio nelle cui maglie rimase impigliato, con mostruosa burocratica ottusità, il front-man dei Doors in seguito ai disordini scoppiati il primo marzo 1969, durante il concerto della band al Diner’s Key Auditorium di Miami.
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IL CANEMUCCO N. 3
“Ma non temere, bambina, ti divoriamo a morsi piccoli come fa chi ama e li chiama baci”
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Coniglio Editore, settembre 2010, numero tre, cento pagine cento interamente occupate da una storia di Makkox, Perline, lucido viaggio nel cuore di tenebra della belva umana, trama graficamente esaltata dall’uso fauvista dei colori che fasciano disegni scevri di qualunque linea d’ombra sfumata.
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IL MALE
“Col cazzo che col comunismo mi facevo la piscina!”
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Cinque stelle per tutti i numeri del il Male comparsi in edicola dal 1978 al 1982, tre per per questo libro che ne ripercorre le gesta, come media tra il racconto rievocativo di Vincino dalla fondazione alla chiusura a cui va un uno per l’incompletezza filologica, tre per la partecipazione emotiva che ne traspare, cinque per i contenuti estrapolati e qui riprodotti (e per tutte le risate a squarciagola che mi hanno strappato rileggendoli). Quindi, ricapitolando, (((1+3+5)/3) + 5)/2 = 4, ovvero il numero di stelline poste in calce a questo a commento. E chiunque trovasse inopportuno il ricorso fuori contesto dell’uso straniante dei numeri per giudicare questa rivista satirica, vuol dire che di questa rivista non ha capito un cazzo.
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