“Ei vive, nel regno senz’ombra di chiasso (le teste di legno non fanno fracasso) ei bada a mangiare e lascia rubare…” (dedicato a re Umberto I, da “L’Asino”, rivista satirica di fine ‘800)
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Sono queste le cronache degli anni in cui, fatta l’Italia, si dovette passare, come sottolineerà Candeloro, dalla “poesia alla prosa” quando, terminata la fase epica del risorgimento, si dovette procedere a mettere in piedi tutto l’apparato burocratico-amministrativo del nuovo stato unitario.
Vegliati dall’alto dalla corona, garante dell’ordine, e dal succedersi dei vari governi, da quello paraculista alla Depretis, al parafascista alla Crispi, a quello parabancario alla Giolitti, come tanti mulinelli nel fiume della vita, riempivano le cronache quotidiane i continui scontri tra borghesi, latifondisti, contadini, proletari, monarchici, mazziniani, ex-garibaldini, massoni, cattolici, colonialisti, socialisti e anarchici.
A raccontarci queste vicende sono i fumetti del Chiappori, intervallati dal commento storico di Grimaldi, con un effetto complessivo da “corso di storia avanzata for dummies”, straniante ma anche piacevole, per chi come me di quel periodo storico non ne sapeva un beneamato cazzo, e ha trovato questo libro un utilissimo punto di partenza prima di passare a letture più impegnative!
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Le recensioni de il Vignettificio
STORIE D’ITALIA
COSE D’A. PAZ!
“Pazzo, sono diventato pazzo! e ora chi glielo dice a mia moglie!”
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Cazzabubbolario indistinto della produzione di Pazienza su rivista, assemblato poco dopo la morte dello stesso il 16 giugno 1988 per celebrarne l’arte, insieme alla raccolta gemella “The great”, entrambi pubblicati dalla Primo Carnera Editore. Interessante riproporre qui la nota stampata in terza di copertina che riassume perfettamente i contenuti di questa antologia:
“Le vignette, i disegni, le brevi storie, i molti ritratti e buona parte degli schizzi, a parte alcune ‘dedicaces’ a matita o a penna/matita, sono tratte dalle seguenti riviste, alla cui fondazione Andrea Pazienza ha dato un contributo indimenticabile:
CANNIBALE 1977-1979
IL MALE 1978-1982
FRIZZER 1985-1986
TEMPI SUPPLEMENTARI 1985-1986
FRIGIDAIRE fondata nel 1980
La storia ‘La leggenda di Italianino Liberatore’ è apparsa invece, con le ‘puntate’ disposte cronologicamente nello stesso ordine di questo volume, sulle riviste ‘Frizzer’ (1985-1986) e Tempi Supplementari (1986). A molte delle opere di Andrea Pazienza ripubblicate in questo volume, hanno dato un contributo di idee, di rimbalzo, di progetto e – talvolta – di segno, una serie di autori. Tra questi ricordiamo i principali: Stefano Tamburini, Tanino Liberatore, Filippo Scozzari, Vincenzo Sparagna, Massimo Mattioli,” ed altri!
Un volume caotico e succulento come certi buffet allo yacht club, in quelle occasioni che non t’aspetti, in cui senza pagar pegno puoi tirare delle gomitate alla contessa, con la scusa di aprirti anche tu finalmente un varco fino al tavolo!
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ZANARDI
“Perché il freddo, quello vero, sa essere qui, in fondo al mio cuore di sbarbo…”
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Esiste la distruttività di chi impugna un martello e spacca le piastrelle della cucina della casa appena comprata, sognando ad occhi aperti come sarà più bella alla fine dei lavori. Questi erano, nel bene e nel male, gli anni settanta. Ed esiste la distruttività di chi quelle piastrelle le frantuma nella furia di un amore finito, o nella frustrazione delle proprie aspirazioni, o per noia, un creare macerie che non saranno seppellite, non serviranno a concimare, ma saranno lasciate a putrefare sotto il sole all’aria aperta di giardini trascurati. Questi erano gli anni ottanta. Anni crudeli, anni di massacri in medio oriente e in america centrale, un benessere occidentale consumato a credito di altri popoli e delle future generazioni, una società cieca ed egoista, solo in superficie profumata da giganteschi Arbre Magique come le acconciature ridicole alla Lorella Cuccarini, qualche paio di tette di plastica a Drive In, quattro suca pecunia canterini al Festivalbar e mezza dozzina di cummenda che si arricchivano speculando in borsa.
E Zanardi è pienamente figlio della distruttività di quegli anni, un gioco di rottura di regole e convenzioni non più finalizzato alla creazione di nuovi universi, una distruzione figlia di una società che non sapeva andare oltre al proprio particulare, cugina stretta dell’autodistruzione. E pensando a Pazienza che riesce a raccontarci queste cose strappandoci ogni tanto anche qualche sorriso, si capisce tutta l’unicità del valore aggiunto che ogni grande artista riesce a donare alla narrazione dei propri tempi. E quindi alla vita di ciascuno di noi.
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FRITZ IL GATTO
Un vortice narrativo anti-epico, anti-canone, anti-eroico, in una cascata di capriole aventi come sbocco naturale un mare di lirismo.
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Questo erano la Marvel e la DC comics negli anni sessanta, dei giganteschi filatoi industriali che tessevano la narrazione epica della nazione americana, quando i supereroi con i superproblemi riguardavano più il dramma delle fasce di mercato che il dramma della condizione umana. Un medium, quello del fumetto di allora “compresso, formalizzato, soffocato e limitato ad una serie ristretta di modelli di tipo commerciale”. Una beauty farm di eroi, idoli, non solo (per fortuna), ma anche (purtroppo sì), di tanti good boy con la sfumatura alta, pronti di giorno a benedire i massacri di Johnson in Vietnam, la notte a massacrare benedetti poveri cristi di colore nelle scampagnate del Ku Klux Klan.
E in questo panorama che si inserisce la rottura del fumetto alla Crumb, una rottura di canoni che va di pari passo con la propria rottura di coglioni, in un vortice narrativo anti-epico, anti-canone, anti-eroico, in una cascata di capriole aventi come sbocco naturale un mare di lirismo. Il fumetto diventa diario personale, fotografia non mediata degli umori dell’autore stesso. Un lirismo, quello del caso di “Fritz il gatto” comunque non conciliante, piena espressione del suo autore, un giocoso nichilista nevrotico, nichilismo nevrotico che diventa poi la cifra stilistica del suo fumettare, forse sgradevole, forse eccessivo, forse grottesco eppure così vero nella sua assurdità, sufficientemente lucido da decretare la morte del protagonista di queste storie non appena egli stesso si andava tramutando in istituzione. Una scelta degna della migliore tradizione underground.
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PAZ
Chi l’avrebbe mai detto che Budapest ha un milione di abitanti…
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Si potrebbe dire che si tratta dell’ennesima raccolta di materiale già pubblicato altrove e più volte ristampato altrove di altrove. Ma questo volume della collana degli Einaudi Tascabili zitto zitto contiene tre caratteristiche che lo rendono interessante.
Primo, è una delle poche raccolte del Paz costruite espressamente per raccogliere solo il best of, cercando di dare una panoramica, per quanto incompleto, a 360° della sua creatività. Un regalo ideale quindi, qualora si volesse iniziare qualche anima ignara all’arte di questo grande disegnatore.
Secondo, appartiene alla collana dei tascabili, un Pazienza che si può leggere anche in treno, su una zattera in mezzo al mare, mentre si fa da palo ad una rapina, aspettando il proprio turno con una prostituta particolarmente richiesta. Allo stato dell’arte delle mie conoscenze si tratta dell’unica edizione di ristampe di Paz a vantare questo pregio.
Terzo, oltre ai disegni, qui troviamo pubblicata un’ampia antologia delle sue poesie giovanili e delle sue prose, strumenti utili per addentrarci nelle idee che concimarono la sua anima, rendendola terreno fertile per quei fiori che sono state le sue opere d’arte fumettistiche.
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BERNARDO BERTOLUCCI
Quattro stellette solo a Bertolucci e alla stamperia che ha forgiato la carta di questo libro, prima che da leggere, bello innanzitutto da toccare.
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Osservando il CD, rotondo come il buco di una ciambella, questa è la menta intorno. Non si tratta di un vero e proprio libro, ma di una articolata custodia per il supporto musicale al suo interno, una raccolta di motivi dalle colonne sonore dei film di Bertolucci. Sfogliando queste pagine, ingannando il tempo mentre il nostro stereo diffonde gli aromi delle note musicali dei brani in questione, possiamo leggere così una breve biografia del regista e scorrere una ricca antologia di manifesti cinematografici e foto di scena dei film di questo campione dell’arte delle immagini in movimento. Quattro stellette solo a Bertolucci e alla stamperia che ha forgiato la carta di questo libro, prima che da leggere, bello innanzitutto da toccare.
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SOTTO IL CIELO DEL BRASIL
Volume piacevole come una granita al limone d’estate.
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Volume piacevole come una granita al limone d’estate, e proprio in estate è ambientato, resoconto semi-non serio di alcuni viaggi compiuti da Pazienza, materiale originariamente pubblicato sul libretto “A.V.A.J.”, supplemento a Linus, nel periodo Marzo-Settembre 1988.
Tre sono gli episodi di questa raccolta. Nei primi due, Bali e Brasile, disegnati dal nostro e colorati rispettivamente dalla consorte Marina Comandini e da una certa Melita, si narrano le bellezze, gli usi e costumi e le disavventure dell’autore nelle località che danno il titolo alle storie.
Lieve è il tratto grafico così come il registro linguistico, in una giostra scoppiettante di trovate umoristiche che trovano l’apice nell’ultima parte del secondo episodio, quando il fumetto si trasforma in meta-fumetto, senza abbandonare il tono leggero che aveva caratterizzato il resto della raccolta.
Più intenso il bianco e nero del terzo episodio, Sotto il cielo del Brasil, breve immersione emotiva nell’anima selvaggia della natura del grande paese sudamericano.
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RIDO!
Cinque stellete, ma in questo caso sono di parte!
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Questo volume è una raccolta di “vignette, schizzi, battute, aforismi, ballate” che hanno partecipato al concorso, poi mostra itinerante, “Rido!”, indetto dalla CGIL Lombardia e la CGIL Varese, insieme all'”Associazione per il centenario della CGIL”, per celebrare i cento anni del noto sindacato italiano, opere in seguito conservate nel costituendo Fondo Umoristico della stessa organizzazione sindacale. Scorrendo le 192 pagine di questo volume ci viene mostrata una panoramica dello stato dell’arte contemporaneo della satira e dell’umorismo sul tema del sindacato e del mondo del lavoro, in una divertente rassegna di testi e disegni tra i quali a pagina 133 trova posto anche una vignetta del sottoscritto!
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UOMO FABER
Più adatto a tutti quelli che volessero godersi per qualche decina di minuti una sindrome di Stendhal alla vista dei disegni di Milazzo!
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L’unicità di Faber stava nel trovare la bellezza in ciò che per gli altri era solo bruttezza, non nel pensare bello quello che per gli altri era brutto. La forza espressiva del suo messaggio era ribaltare il giudizio sulla realtà non la realtà stessa. Gli ultimi saranno i primi in quanto ultimi, senza dover cambiare loro l’uniforme. Per questo in quest’opera, un esempio su tutti, non mi è piaciuta la scena, pur simbolica, in cui col giovane Don Gallo va a benedire la redenzione di un travestito in un bordello di Genova. Nel vero De Andrè, e nella sua poetica, il trans li avrebbe accolti comunque con il solito “Trenta di bocca, cinquanta l’ammore”, per poi magari, non visto, velarsi lo sguardo di malinconia, pensando ai suoi cari, lontani da troppo tempo, e alla fine trovare inaspettatamente consolazione nella felicità che aveva saputo donare ai sui clienti di giornata. Scrutando le scene del capitolo onirico, che occupa la seconda parte di questo volume, si vedono tutte le buone l’intenzioni dello sceneggiatore di non rappresentare il Faber direttamente, ma le emozioni che ci ha lasciato in eredità. Ma secondo me, complessivamente, la questione rimane narrativamente irrisolta. Ho apprezzato di più, invece, la prima parte a colori del De Andrè in Sardegna, la visita a Nina e il commiato finale a Genova. Più adatto a tutti quelli che volessero godersi per qualche decina di minuti una sindrome di Stendhal alla vista dei disegni di Milazzo!
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FLATLANDIA
Un libro uscito dalla mente irrazionale di un perfettamente razionale teologo inglese. Tradotto: un libro da non perdere!
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Vi eravate convinti che nella vita esistesse un esprit de finesse da contrapporre all’esprit de géométrie? Orrore il vostro errore! Le prove in questo bel libro, affascinante viaggio in un mondo di due soli dimensioni, la Flatlandia, dominato da una rigida gerarchia sociale, minuziosamenente descritta con estro e fantasia dall’autore, con un occhio fortemente satirico ai vizi e virtù della società a lui contemporanea. Libro modernissimo, che già nel XIX secolo poneva questioni poi dominanti nel secolo XX (la relatività delle percezioni, l’esistenza di una quarta dimensione e oltre), ma pur non così avanti da riuscire ad anticipare le questioni fondamentali di questo nostro secolo XXI (quale può essere la dinamica dell’atto sessuale tra uomini e donne in un contesto bidimensionale? le figure geometriche indossavano abiti o andavano in giro nude?). Un libro uscito dalla mente irrazionale di un perfettamente razionale teologo inglese. Tradotto: un libro da non perdere!
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