FRITZ IL GATTO

Categorie: Robert Crumb
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Pubblicato il: Settembre 15, 2010
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Un vortice narrativo anti-epico, anti-canone, anti-eroico, in una cascata di capriole aventi come sbocco naturale un mare di lirismo. 
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Questo erano la Marvel e la DC comics negli anni sessanta, dei giganteschi filatoi industriali che tessevano la narrazione epica della nazione americana, quando i supereroi con i superproblemi riguardavano più il dramma delle fasce di mercato che il dramma della condizione umana. Un medium, quello del fumetto di allora “compresso, formalizzato, soffocato e limitato ad una serie ristretta di modelli di tipo commerciale”. Una beauty farm di eroi, idoli, non solo (per fortuna), ma anche (purtroppo sì), di tanti good boy con la sfumatura alta, pronti di giorno a benedire i massacri di Johnson in Vietnam, la notte a massacrare benedetti poveri cristi di colore nelle scampagnate del Ku Klux Klan.
E in questo panorama che si inserisce la rottura del fumetto alla Crumb, una rottura di canoni che va di pari passo con la propria rottura di coglioni, in un vortice narrativo anti-epico, anti-canone, anti-eroico, in una cascata di capriole aventi come sbocco naturale un mare di lirismo. Il fumetto diventa diario personale, fotografia non mediata degli umori dell’autore stesso. Un lirismo, quello del caso di “Fritz il gatto” comunque non conciliante, piena espressione del suo autore, un giocoso nichilista nevrotico, nichilismo nevrotico che diventa poi la cifra stilistica del suo fumettare, forse sgradevole, forse eccessivo, forse grottesco eppure così vero nella sua assurdità, sufficientemente lucido da decretare la morte del protagonista di queste storie non appena egli stesso si andava tramutando in istituzione. Una scelta degna della migliore tradizione underground.
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http://www.anobii.com/ilvignettificio/ 


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